Si viene processati perché avremmo calunniato 5 soldati della riserva in un film in cui, gli stessi, non compaiono, e si viene condannati perché avremmo "vilipeso" l'intero esercito israeliano ... però non i 5 soldati che hanno intentato il processo ... quindi siamo assolti ... o no?!?
Ilpessottimista ha voluto attendere qualche giorno per commentare e, forse, chiudere la Campagna promossa per Mohammad Bakri (il forse è dovuto alla fiducia nella fantasia e pervicacia di nuovi potenziali accusatori: la sentenza d'altronde offre, a costoro, ampi margini di manovra).
Abbiamo chiesto un commento a Bakri - oggi pubblicato da Il Manifesto - che riportiamo in fondo a questo nostro, commento che riesce a riassumere l'intera, drammaticamente farseca, vicenda.
Ci piacerebbe poter affermare che la Campagna de Ilpessottimista ha influito sull'esito positivo del processo, ma questo sarebbe, a dir poco, presuntuoso ma, soprattutto, millanteremmo un merito impossibile ad attribuirsi.
Possiamo, però, sostenere con serietà che l'obiettivo ultimo dei nosri sforzi è stato sicuramente raggiunto: "mettere in imbarazzo l'intellighentia pacifista israeliana" che aveva spudoratamente ignorato la vicenda. Ha'aretz - il quotidiano di detta intellighentia - dedicò 3 articoli alla Campagna de Ilpessottimista e seguì, da allora, la vicenda processuale.
Come dicevamo la Campagna termina con la sentenza del 30 giugno scorso ... forse.
Un grazie vero va a tutti i cineasti, attori, sceneggiatori che vollero sottoscrivere l'appello; a coloro che hanno permesso le 55 proiezioni di "Jenin, Jenin" in tutta Italia (ed un grazie particolare ad Alessandro che ha impostato la campagna grafica per tutte le località coinvolte); a quanti hanno acquistato copie del DVD (e, ad oggi, sono circa 500 le copie vendute), augurandoci che si continui a voler comprare e regalare questo documento straordinario.
Grazie a Marco che persistendo vivamente nel nostro ricordo ci ha permesso di arrivare sino in fondo.
Costretto, non eroe. Così che ho girato i miei tre documentari
Mohammad Bakri
Dico “costretto” perché sono un attore e non un regista, dico “costretto” nonostante io abbia amato i miei tre documentari come un padre ama i suoi figli. Costretto perché in questi film non sono stato altro che un essere umano che difende il suo racconto vietato (non ufficialmente) in Israele, perché Israele da 60 anni diffonde la sua narrazione che smentisce e contraddice la mia narrazione.Il mio primo film è stato girato nel 1998, sui 50 anni di Nakba. Il secondo - nel 2002 - intitolato Jenin, Jenin, sulla popolazione del campo profughi di Jenin e sul loro racconto al mondo di che cosa è successo durante l’invasione israeliana, nell’aprile del 2002. L’ultimo, “Da quando te ne sei andato”, su quello che è successo a me e a noi palestinesi dopo la scomparsa del mio amico e maestro, l’intellettuale palestinese Emile Habibi; film in cui faccio visita alla sua tomba -a Haifa, la sua amata città- e gli parlo, confidandomi da amico a amico, di quello che è successo da quando ci ha lasciati. Lui, morto, è sempre vivo dentro di noi.Sin dalla sua apparizione - nel 2002 - Jenin Jenin è stato vietato dalla “Commissione israeliana per la censura dei film”, ma dopo due anni sono riuscito ad ottenere un permesso dalla Corte Suprema e così ad annullare la censura su Jenin, Jenin. Durante questi sei anni, a partire cioè dal 2002, cinque soldati israeliani mi hanno trascinato nei tribunali con l’accusa di diffamazione e di aver sporcato il loro “buon nome”, chiedendomi di pagare due milioni e mezzo di shekel di risarcimento (500.000 euro circa ndr)!Questi soldati sostengono di aver partecipato all’invasione come soldati di riserva! Ma io non conosco questi cinque soldati, non sono menzionati nel mio film, né nominati, né ripresi! Sostengono che Jenin, Jenin li ha feriti e ha danneggiato il loro nome!Finalmente, qualche giorno fa, è stata emessa la sentenza con cui il tribunale ha respinto le loro richieste nei miei confronti. Tuttavia, fra le varie cose, la sentenza afferma che non sono riuscito a provare che il film è veritiero, nonostante mi sia dovuto trascinare nel tribunale israeliano i protagonisti del film per testimoniare che nel film hanno detto la verità e nient’altro che la verità. Inoltre, la sentenza afferma che ho mentito quando ho detto che ho prodotto il film con delle buone intenzioni; al contrario, lo avrei fatto con delle cattive intenzioni.Ma la stessa legge israeliana mi protegge, perché la diffamazione sarebbe in generale contro tutto l’esercito israeliano e non contro questi cinque soldati in particolare! Oddio grazie, legge israeliana! Mi domando: quando un soldato israeliano ha sparato su un’attrice teatrale – la mia collega di lavoro Valentina Abu ‘Aqsa – che cosa avrei dovuto fare? Non sono un soldato per difenderla con le armi. Mi sono trovato in mano la mia telecamera e sono entrato nel campo profughi di Jenin, dopo l’invasione, perché il soldato le aveva sparato mentre stavamo dimostrando contro l’invasione, al posto di blocco di Al Jalmeh, a nord di Jenin.Israele ha sollevato un polverone intorno a questo film, ha allertato tutti i suoi ambasciatori per combatterlo e per impedirgli di raggiungere gli schermi internazionali. E ci è riuscita!! Ci è riuscita con le pressioni e l’intimidazione, vietandone la trasmissione, programmata per il 1 aprile 2003 sul canale satellitare “Arte”. Lasciamo stare…Israele ha deformato la mia immagine attraverso i suoi schermi, i suoi giornali e dai banchi della Knesset, accusandomi di terrorismo, fino a che non sono diventato –agli occhi di tanti- quasi come Bin Laden! Io, quello che lotta da 35 anni per la pace. Date un’occhiata alla mia storia e ai miei film negli ultimi trent’anni e oltre! Guardate Private, Dietro le sbarre, Hanna K., La masseria delle allodole, Finale di coppa del mondo, Haifa, Il pessottimista…Oltre tutto questo, l’impero mediatico sionista israeliano ha prodotto centinaia di film contro di me e io non ho fatto ricorso a nessun tribunale. Il mio unico crimine è stato quello di reagire e di girare i tre film (perché costretto, non perché eroe). Israele ha girato tre film come risposta al mio “Jenin Jenin”, e li ha trasmessi su Prime Time (durante l’ora di massimo ascolto). Il primo è “Quaderni dei riservisti” (in cui compaiono tre dei cinque soldati che mi hanno fatto causa in tribunale). Il secondo, “La strada per Jenin”, di un regista che ha usato un falso nome francese: Pierre Rahuf. Il terzo, “Jenin. Il massacro della realtà”, di un regista ebreo-canadese. Questi film sono stati trasmessi ripetutamente a una popolazione israeliana già manipolata e già sottoposta al lavaggio del cervello. Mentre il mio film è stato proibito e attaccato sino ad oggi, nonostante la mia vittoria in tribunale per ben tre volte. Due contro la censura israeliana, e l’ultima contro cinque vacche sacre!
(traduzione dall’arabo: Farah Saleh, Nicola Perugini)
Ilpessottimista ha voluto attendere qualche giorno per commentare e, forse, chiudere la Campagna promossa per Mohammad Bakri (il forse è dovuto alla fiducia nella fantasia e pervicacia di nuovi potenziali accusatori: la sentenza d'altronde offre, a costoro, ampi margini di manovra).
Abbiamo chiesto un commento a Bakri - oggi pubblicato da Il Manifesto - che riportiamo in fondo a questo nostro, commento che riesce a riassumere l'intera, drammaticamente farseca, vicenda.
Ci piacerebbe poter affermare che la Campagna de Ilpessottimista ha influito sull'esito positivo del processo, ma questo sarebbe, a dir poco, presuntuoso ma, soprattutto, millanteremmo un merito impossibile ad attribuirsi.
Possiamo, però, sostenere con serietà che l'obiettivo ultimo dei nosri sforzi è stato sicuramente raggiunto: "mettere in imbarazzo l'intellighentia pacifista israeliana" che aveva spudoratamente ignorato la vicenda. Ha'aretz - il quotidiano di detta intellighentia - dedicò 3 articoli alla Campagna de Ilpessottimista e seguì, da allora, la vicenda processuale.
Come dicevamo la Campagna termina con la sentenza del 30 giugno scorso ... forse.
Un grazie vero va a tutti i cineasti, attori, sceneggiatori che vollero sottoscrivere l'appello; a coloro che hanno permesso le 55 proiezioni di "Jenin, Jenin" in tutta Italia (ed un grazie particolare ad Alessandro che ha impostato la campagna grafica per tutte le località coinvolte); a quanti hanno acquistato copie del DVD (e, ad oggi, sono circa 500 le copie vendute), augurandoci che si continui a voler comprare e regalare questo documento straordinario.
Grazie a Marco che persistendo vivamente nel nostro ricordo ci ha permesso di arrivare sino in fondo.
Costretto, non eroe. Così che ho girato i miei tre documentari
Mohammad Bakri
Dico “costretto” perché sono un attore e non un regista, dico “costretto” nonostante io abbia amato i miei tre documentari come un padre ama i suoi figli. Costretto perché in questi film non sono stato altro che un essere umano che difende il suo racconto vietato (non ufficialmente) in Israele, perché Israele da 60 anni diffonde la sua narrazione che smentisce e contraddice la mia narrazione.Il mio primo film è stato girato nel 1998, sui 50 anni di Nakba. Il secondo - nel 2002 - intitolato Jenin, Jenin, sulla popolazione del campo profughi di Jenin e sul loro racconto al mondo di che cosa è successo durante l’invasione israeliana, nell’aprile del 2002. L’ultimo, “Da quando te ne sei andato”, su quello che è successo a me e a noi palestinesi dopo la scomparsa del mio amico e maestro, l’intellettuale palestinese Emile Habibi; film in cui faccio visita alla sua tomba -a Haifa, la sua amata città- e gli parlo, confidandomi da amico a amico, di quello che è successo da quando ci ha lasciati. Lui, morto, è sempre vivo dentro di noi.Sin dalla sua apparizione - nel 2002 - Jenin Jenin è stato vietato dalla “Commissione israeliana per la censura dei film”, ma dopo due anni sono riuscito ad ottenere un permesso dalla Corte Suprema e così ad annullare la censura su Jenin, Jenin. Durante questi sei anni, a partire cioè dal 2002, cinque soldati israeliani mi hanno trascinato nei tribunali con l’accusa di diffamazione e di aver sporcato il loro “buon nome”, chiedendomi di pagare due milioni e mezzo di shekel di risarcimento (500.000 euro circa ndr)!Questi soldati sostengono di aver partecipato all’invasione come soldati di riserva! Ma io non conosco questi cinque soldati, non sono menzionati nel mio film, né nominati, né ripresi! Sostengono che Jenin, Jenin li ha feriti e ha danneggiato il loro nome!Finalmente, qualche giorno fa, è stata emessa la sentenza con cui il tribunale ha respinto le loro richieste nei miei confronti. Tuttavia, fra le varie cose, la sentenza afferma che non sono riuscito a provare che il film è veritiero, nonostante mi sia dovuto trascinare nel tribunale israeliano i protagonisti del film per testimoniare che nel film hanno detto la verità e nient’altro che la verità. Inoltre, la sentenza afferma che ho mentito quando ho detto che ho prodotto il film con delle buone intenzioni; al contrario, lo avrei fatto con delle cattive intenzioni.Ma la stessa legge israeliana mi protegge, perché la diffamazione sarebbe in generale contro tutto l’esercito israeliano e non contro questi cinque soldati in particolare! Oddio grazie, legge israeliana! Mi domando: quando un soldato israeliano ha sparato su un’attrice teatrale – la mia collega di lavoro Valentina Abu ‘Aqsa – che cosa avrei dovuto fare? Non sono un soldato per difenderla con le armi. Mi sono trovato in mano la mia telecamera e sono entrato nel campo profughi di Jenin, dopo l’invasione, perché il soldato le aveva sparato mentre stavamo dimostrando contro l’invasione, al posto di blocco di Al Jalmeh, a nord di Jenin.Israele ha sollevato un polverone intorno a questo film, ha allertato tutti i suoi ambasciatori per combatterlo e per impedirgli di raggiungere gli schermi internazionali. E ci è riuscita!! Ci è riuscita con le pressioni e l’intimidazione, vietandone la trasmissione, programmata per il 1 aprile 2003 sul canale satellitare “Arte”. Lasciamo stare…Israele ha deformato la mia immagine attraverso i suoi schermi, i suoi giornali e dai banchi della Knesset, accusandomi di terrorismo, fino a che non sono diventato –agli occhi di tanti- quasi come Bin Laden! Io, quello che lotta da 35 anni per la pace. Date un’occhiata alla mia storia e ai miei film negli ultimi trent’anni e oltre! Guardate Private, Dietro le sbarre, Hanna K., La masseria delle allodole, Finale di coppa del mondo, Haifa, Il pessottimista…Oltre tutto questo, l’impero mediatico sionista israeliano ha prodotto centinaia di film contro di me e io non ho fatto ricorso a nessun tribunale. Il mio unico crimine è stato quello di reagire e di girare i tre film (perché costretto, non perché eroe). Israele ha girato tre film come risposta al mio “Jenin Jenin”, e li ha trasmessi su Prime Time (durante l’ora di massimo ascolto). Il primo è “Quaderni dei riservisti” (in cui compaiono tre dei cinque soldati che mi hanno fatto causa in tribunale). Il secondo, “La strada per Jenin”, di un regista che ha usato un falso nome francese: Pierre Rahuf. Il terzo, “Jenin. Il massacro della realtà”, di un regista ebreo-canadese. Questi film sono stati trasmessi ripetutamente a una popolazione israeliana già manipolata e già sottoposta al lavaggio del cervello. Mentre il mio film è stato proibito e attaccato sino ad oggi, nonostante la mia vittoria in tribunale per ben tre volte. Due contro la censura israeliana, e l’ultima contro cinque vacche sacre!
(traduzione dall’arabo: Farah Saleh, Nicola Perugini)
1 commento:
La notizia rallegra e allontana i timori del regista di essere rovinato economicamente; e credo che la campagna di questo sito abbia contribuito senz'altro.
Ignoravo la vicenda fino a questa primavera quando, via mail, ho saputo di una proiezione a Milano.
Voglio dire due cose:
(1) Avendo visto il film (che a differenza di altri documenti non ha scene crude ma è basato sulla forza delle parole dei testimoni) penso che la campagna di Israele sia al 100 % dovuta a cattiva coscienza.
(2) La cosa che più mi ha impressionato è stato il divieto di conservare un cumulo di macerie a ricordo della distruzione (sotto la minaccia di una nuova distruzione).
Credo che una foto di quelle macerie inammissibili potrebbe essere un ottimo simbolo della vicenda.
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